Scintille d'inclusione tra gesto e sentimento
A cura di Luca D'Aloia, educatore Solaris-cooperativa sociale partner di L-inc.
Che si tratti d’una scintilla o d’un fuoco, l’inclusione è innanzitutto un gesto ed un sentimento.
Come è accaduto nel caso di Luigi e Roberto.
Luigi ed io andiamo al mercato del mercoledì mattina di Bresso una volta ogni due settimane.
Ci sono commercianti che scambiano alcune parole con lui, spesso scherzose, e altri che gli donano della frutta, del salame, del formaggio. Per Luigi è questo gesto del tutto informale a rappresentare quella scintilla, poiché attraverso questo gesto si sente accolto e ben voluto: si sente riconosciuto come persona degna d’un dono.
Roberto ed io frequentiamo tutti i mercoledì pomeriggio il parco Ariosto di Cinisello gestito e animato dall’associazione volontari Auser. Anche Roberto è volontario e da subito è stato accolto calorosamente dagli anziani che prestano servizio al bar. Se l’inclusione è un gesto per Roberto questo gesto è stato il sorriso. Superando le difficoltà linguistiche, il sorriso smagliante di Roberto ha saputo creare un contatto. Durante il tempo in cui attendo (e osservo), vedo Roberto e i volontari scambiarsi sorrisi, canzonarsi bonariamente e aiutarsi, dialogare in maniera a volte buffa, ma sincera.
In che cosa differiscono i due momenti sopra narrati? Sicuramente nella reciprocità del gesto, presente in maniera forte nel secondo caso, dove gli stessi volontari hanno espresso gratitudine e gioia nell’avere Roberto con loro; più sfumata nella realtà del mercato e del parco. Il primo, ancora incapace di una presa in carico adeguata, rimane ancorato a quella generosità che forse proviene dalla pietà o forse dalla simpatia, incerto se vivere il momento in maniera sbrigativa o soffermarvisi. Io non penso che Luigi colga questa incertezza, perché evidente è l’effetto benefico che ha su di lui quel gesto. Sarà però necessario lavorare al contesto inclusivo per affinarlo nei modi e renderlo più consapevole del valore che dona, ma anche di quello che riceve. La presa in carico nel parco Ariosto è diversa, più consapevole e più attenta, sebbene conservi sempre quel colore dato dall’informalità. Qui il contesto ha meno bisogno d’esser affinato, il lavoro di avvicinamento però tra persone e realtà va sempre portato avanti.
Diamo più corpo agli attori coinvolti. L’inclusione avviene attraverso la presenza fisica di se stessi assieme ad altri. È dunque importante ciò che si fa e di conseguenza ciò che si sente di essere. Quando Luigi ed io andiamo al mercato passeggiamo per le bancarelle, guardiamo e domandiamo, facciamo delle piccole spese in autonomia, e questo dà a Luigi un ruolo ben preciso: quello di cittadino.
Anche quando Roberto ed io frequentiamo il parco Ariosto, Roberto assume un ruolo ben preciso, che è quello di volontario. Egli aiuta al bar e pulisce il parco, diventando così in primo luogo egli stesso un donatore di tempo per la comunità. Il ruolo lo gratifica e lo mette sullo stesso piano degli altri volontari ed è qui che, attraverso il sorriso, può avvenire un reciproco riconoscimento tra volontari, cittadini, persone.
È chiaro così il significato dell’inclusione nel suo nascere: gesto e sentimento.
È il susseguirsi di questi momenti che favorisce la nascita di un sentimento positivo di fondo. È bene ricordare, però, che l’inclusione, per farsi più che scintilla, deve aver non solo legna da bruciare, ma anche un focolare ben costruito con pietre, un luogo ben areato, ma non troppo ventoso e così via. È dunque alla struttura stessa delle realtà inclusive che dobbiamo prestare un occhio lungimirante, capace di cogliere le potenzialità o vedere le mancanze per poterle colmare.
Il lavoro dell’educatore è infatti duplice,. Da un lato la persona va accompagnata nel suo avvicinarsi alla realtà inclusiva, dall’altro la realtà inclusiva va affinata nel suo essere luogo di vicinanza.
Il pregio di questo lavoro è quello di poter creare la vicinanza necessaria ad un gesto e poi di far due passi indietro e ammirare quel gesto, scattando una foto.